Economia e felicità
Maurizio Franzini
Università di Roma “La Sapienza”
Grosseto, 22 aprile 2005
Il mondo occidentale, pur con significative differenziazioni, da tempo ha compiuto la scelta di fare della crescita economica, cioè dell’aumento del reddito pro capite, il principale e più importante obiettivo da raggiungere.Questa scelta si riflette in modo molto evidente sulle politiche – soprattutto ma non soltanto di carattere economico – ma finisce anche per influenzare i valori e le preferenze dei singoli individui.
Una delle più solide ragioni per assegnare alla crescita del reddito pro capite un ruolo così importante è stata certamente l’idea che essa conducesse a una maggiore felicità. Questa idea deve, oggi, misurarsi con numerose indagini condotte nei paesi più ricchi dalle quali risulta che alla rilevante crescita del reddito pro capite verificatasi nel corso degli ultimi tre decenni non ha corrisposto la crescita della felicità. Si viene così a spezzare il legame tra reddito e felicità, che un ruolo così importante ha avuto nella storia occidentale e si comprende perché in alcuni paesi si inizi a parlare della necessità di accostare al Prodotto Interno Lordo – la misura tradizionale del reddito di un paese – un indicatore di Felicità.
Oggi sappiamo, con ragionevole certezza, che aumentare il reddito dei ricchi non serve ad aumentare la loro felicità mentre servirebbe aumentare il reddito dei paesi poveri (e dei poveri in generale). E, invece, il reddito cresce nei paesi ricchi e non nei paesi poveri. Questo perverso stato di cose forse basta a spiegare perchè la felicità sia, oggi, così poco diffusa nel mondo intero.
Nel corso della conferenza verranno presentati brevemente i risultati principali delle indagini sul rapporto tra reddito e felicità. Si illustreranno sinteticamente anche i problemi che sorgono quando si voglia misurare la felicità, sottolineando il contributo che possono venire da alcuni importanti sviluppi recenti nel campo delle neuroscienze.
Due questioni, peraltro tra loro connesse, saranno trattate in modo più esteso: la prima è l’analisi dei fattori che, nei paesi avanzati, impediscono alla crescita del reddito di tradursi in maggiore felicità; la seconda è il percorso – a livello individuale e di politiche pubbliche – da imboccare per cercare di correggere la tendenza a una decrescente felicità che grava sull’occidente.
Rispetto alla prima questione verranno esaminati tre aspetti: gli effetti perversi della ricerca di un elevato “status sociale”; l’impoverimento delle relazioni interpersonali e l’eccesso di individualismo; l’importanza dell’individuo come lavoratore e non soltanto come consumatore (e i danni che il secondo può fare al primo).
In relazione al secondo tema si mostrerà come le “politiche per la felicità” possano essere notevolmente diverse dalle “politiche per la crescita del reddito” e si valuterà se queste politiche possano entrare in contrasto con la libertà dei singoli. Infine, ci si chiederà cosa i singoli individui possano fare – da soli. anche indipendentemente dalle politiche - in una moderna economia di mercato, per evitare di alimentare la perversa tendenza a cercare il reddito e a raccogliere poca felicità.